Burn-out : cos’è, perché, cosa fare

Burn-out: cos'è, perché, cosa fare

Qualche settimana fa abbiamo parlato di esaurimento nervoso. Vi avevo detto che avremmo affrontato il tema del burn-out a parte, perché è un po’ più specifico. In che senso? Il burn-out è sì una forma e stress e “di esaurimento”, ma riguarda strettamente l’ambito lavorativo.

Cos’è il burn-out?

E’ una parola difficile da tradurre in italiano, indicativamente ha il significato di esaurimento/surriscaldamento. In pratica, si tratta di una forte condizione di stress, legata al contesto lavorativo, che causa un crollo (l’esaurimento, appunto) fisico e mentale.

I sintomi coinvolgono la persona a 360°:

  • A LIVELLO FISICO, con sintomi quali emicrania, disturbi intestinali, disturbi del sonno, senso di affaticamento e debolezza cronici, sensazione che manchino forze ed energie per svolgere anche la più piccola delle attività.
  • A LIVELLO COGNITIVO, con difficoltà di attenzione e concentrazione, difficoltà di memoria e apprendimento, anche qui sensazione di non avere le energie mentali per pensare, concentrarsi..
  • A LIVELLO EMOTIVO, con sintomi ansioso-depressivi, irritabilità, senso di colpa, scarsa motivazione (demotivazione) e forte apatia (sembra che nulla di quello che prima piaceva coinvolga la persona o gli dia uno stimolo a fare).
  • A LIVELLO SOCIALE, con difficoltà nelle relazioni e negli affetti (familiari, amicali…), fino divenire vera e propria trascuratezza.
  • A LIVELLO COMPORTAMENTALE, con comportamenti che vanno dalla facile irritabilità all’aggressività (verbale o meno), apatia, possibile uso/abuso di alcool e/o problemi alimentari, difficoltà a prendere l’iniziativa.
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‘Sti cavoli, giusto un filino invasiva ‘sta sindrome!

Eh già! La persona sente mancare le energie per fare qualsiasi cosa. Io credo davvero che l’immagine di “esaurimento” sia quello che meglio descrive questa condizione.

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Ma perché????

Grazie per la domanda! Lo vediamo subito! =)

Perché arriva il burn-out?

Come tutte le questioni psicologiche, è difficile definire una causa universalmente valida, ma proviamo a dare un po’ di spiegazioni.

In generale, direi che la causa scatenante sia quella di aver tirato troppo la corda.

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Cavoli dottoressa, com’è scientifica lei nessuno mai!

Va beh, ma rendeva bene l’idea di quel che succede in caso di burn-out: il corpo, quando tiriamo troppo, ci avvisa con dei segnali. Le persona che ha richiesto troppo a se stessa (o a cui è stato richiesto troppo), ignorando il bisogno di riposo e di stacco, prima o poi scoppia. Comunque, ok, andiamo a fondo alla faccenda!

Il burn-out è spiegato sia da fattori personali sia da fattori legati all’ambiente lavorativo in cui si trova la persona. In generale, la sindrome del burn-out ha maggiori possibilità di svilupparsi quando c’è forte discrepanza tra la natura del lavoro e la natura delle persone che lo svolgono (Maslach e Leiter, 1997). In soldoni, si verifica maggiormente quando il lavoro non si incastra bene con il nostro modo di essere.

N.B. Il burn-out si verifica anche nelle libere professioni, quindi tutti i fattori di cui parliamo valgono sia che siate dipendente sia che siate libero professionisti.

Vediamo quali fattori individuali e quali fattori lavorativi entrano in gioco.

FATTORI LAVORATIVI CHE POSSONO AUMENTARE IL RISCHIO DI BURN-OUT: :
  • Ambienti lavorativi che “richiedono troppo” e impediscono di staccare e sottrarsi al dovere, occupando via via sempre più spazio (fisico e mentale). Di fatto, la persona viene fortemente sovraccaricata.
  • Ambienti di lavoro in cui l’aspetto umano è poco riconosciuto.
  • Ambiguità di ruolo (cosa devo fare? Qual è la mia mansione?)
  • Divisione dei poteri (la persona ha poca libertà di movimento, le decisioni vengono prese per lui)
  • Orari lavorativi/turni (alcuni tipi di organizzazione nell’orario e nei turni possono aumentare il rischio di burn-out).
  • Retribuzione inadeguata
  • Scarso riconoscimento
FATTORI INDIVIDUALI CHE POSSONO AUMENTARE IL RISCHIO DI BURN-OUT:
  • Difficoltà a porsi dei limiti (esempi: difficoltà a dire di no, a “imporsi” il diritto alla pausa pranzo…).
  • Tendenza a vedere il lavoro come totalitario (esiste solo il lavoro, il lavoro prima di tutto).
  • Scarsa tolleranza dell’errore (quindi anche tendenza a non sottrarsi alle richieste, per il timore che sia sbagliato).
  • Poca capacità di delegare e tendenza porsi come indispensabili.
  • Tendenza a porsi obiettivi poco realistici.
  • Introversione.
  • Scarso riconoscimento dei propri bisogni e delle proprie emozioni.
  • Vulnerabilità allo stress.

Burn-out: cosa fare?

La cosa migliore sarebbe prevenirlo, lavorando sia sui fattori individuali sia su quelli legati all’ambiente lavorativo. Sarebbe importante aumentare tutta un serie di comportamenti positivi, sia da parte della persona sia da parte dell’ambito lavorativo.

Esempi? Iniziare a garantire (o garantirsi) pause, apportare variazioni nella routine, aumentare le gratificazioni, favorire il limite lavoro-vita privata (qui i libero professionisti fanno mooolta fatica). Se esiste un datore di lavoro, può essere utile orgaizzare meeting periodici per cogliere i bisogni dei lavoratori e integrarli con i “bisogni (doveri) di produzione”, riorganizzando il lavoro in modo da renderlo più fluido e motivante.

Nel momento in cui, al contrario, i sintomi del burn-out fossero già in atto, è opportuno coglierli e chiedere l’intervento di uno psicologo. In moltissimi ospedali, sono presenti centri che si occupano specificatamente di stress lavoro-correlato e possono offrire il miglior supporto possibile a 360°.

PER SCRIVERE QUESTO ARTICOLO HO PRESO SPUNTO DAL SITO http://www.psicologiadellavoro.org/burnout-d1/

About The Author

Alessia Romanazzi

Psicologa e psicoterapeuta. Aiuto le persone ad affrontare momenti di stress temporanei o prolungati. Insieme cercheremo la tua personalissima soluzione per superare il momento critico. Mi trovi in studio a Saronno e a Milano. Attraverso Skype in tutto il mondo!