Di attacchi di panico parliamo spesso e l’ebook “SOS attacchi di ansia e di panico” contiene già molte risposte alle svariate domande, ma..repetita juvant. Quindi oggi vediamo alcune domande frequenti sugli attacchi di panico.
Attacchi di panico: Guarirò o devo imparare a sopportarli?
Lo ammetto, mi viene sempre un colpo all’anima quando sento dire che si soffre di attacchi di panico da 15 anni. Mi domando se staremmo mai 15 anni con una gamba rotta.
Ok, la faccio statistica: dagli attacchi di panico, nel 90% dei casi, si guarisce. Per guarigione si intende che i sintomi scompaiono e questo, in genere, avviene dopo poche sedute. Il lavoro che si fa successivamente (ed è altrettanto importante) è capire perché siano arrivati e come prevenire le ricadute.
I tempi variano da approccio ad approccio e qui andiamo alla domanda successiva.
La terapia migliore per gli attacchi di panico è la cognitivo-comportamentale?
No, la ricerca ci dice non esiste un approccio più efficace di altri.
Perché allora si sente dire che la terapia cognitivo-comportamentale sia la migliore per affrontare gli attacchi di panico?
Credo per due ragioni: è l’approccio che fa maggior ricerca (anche per com’è strutturato si presta meglio a quantificare i dati sulle terapie) e, in linea di massima, è uno degli approcci che permette di risolvere il sintomo* in tempi più brevi.
*Risolvere il sintomo significa far sparire gli attacchi di panico, ma non finire la terapia, perché poi occorre comunque capire quali schemi abbiano portato a far nascere quel disturbo lì.
NOTA: sono le tecniche cognitive-comportamentali a far affrontare meglio il sintomo e qualunque terapeuta può usare tecniche cognitivo-comportamentali per affrontare il sintomo, anche se poi la terapia andrà avanti in altro modo.
Vediamo come posso farla semplice. Usiamo la metafora culinaria: Cracco e Barbieri sono due cuochi. Ognuno ha il suo metodo per chiudere i tortellini, Cracco ci mette di più e li fa con una forma a U e usando il grana, Barbieri ci mette di meno e li fa con una forma a V e utilizza il parmigiano. Il risultato è sempre un tortellino. Preferiamo quello di Cracco o quello di Barbieri a seconda dei nostri gusti. Oggi Cracco ha necessità di fare in fretta e utilizza la tecnica Barbieri per chiudere i tortellini, ma continuerà a usare il grana per il ripieno.
Cracco e Barbieri erano due metodi di psicoterapia (cognitivo-comportamentale, psicoanalitico, Gestalt…). Uno può usare anche la tecnica dell’altro per affrontare gli attacchi di panico (come chiude i tortellini e a che velocità) e poi utilizzare le tecniche tipiche del proprio metodo per capire come siano arrivati (il ripieno del tortellino). Otteniamo sempre un tortellino (uguale efficacia), ma il fatto di preferire l’uno o l’altro è un gusto puramente personale (relazione terapeuta-paziente, avere una forma mentis più affine a un metodo…).
Come vi sembra? E’ più chiaro?