Che vantaggi ha il tuo sintomo?

Che vantaggi ha il tuo sintomo

Mi sembra già di sentirti: “Vantaggi? Il mio sintomo? Ma cosa stiamo dicendo? Non ha nessun vantaggio, dà solo fastidio!

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In effetti, tutte le volte in cui dico: “Beh, se sono arrivati gli attacchi di panico un motivo ci sarà, avranno un senso…“, la persona mi guarda con gli occhi sgranati, come stessi dicendo un’eresia. Gli attacchi di panico (così come la fame nervosa, l’ansia, lo stress o qualsiasi altro disagio) generano crisi, sconvolgono la vita quotidiana e sembra davvero impossibile che possano avere una ragione “sensata” per cui si palesano.

In realtà, ogni sintomo ha davvero senso. Ovviamente, non si tratta di un vantaggio vero ed esplicito, non sempre è funzionale alla vita quotidiana, ma un vantaggio c’è sempre, te lo assicuro. E’ un discorso che faccio sempre ai miei pazienti, ovviamente non per colpevolizzarli, ma per fargli capire che non sono così scemi come si sentono ad avere quel sintomo lì. In genere, lo spiego così:

Il sintomo è il modo migliore che hai trovato per rispondere a una situazione che genera disagio o per rispondere a un bisogno.

Questa frase cambia la prospettiva delle cose, no? Io l’ho sentita per la prima volta alla scuola di psicoterapia (Iserdip, Milano) e ho avuto l’impressione che mi si aprisse un mondo nuovo. Fino a quel momento, infatti, avevo visto i sintomi solo come qualcosa di fastidioso, privo di senso, da debellare in toto.

Se il sintomo serve a qualcosa, non sei più lo “scemo di turno” (passami il termine, ma sai quanti pazienti si sentono così per il solo fatto di avere attacchi di ansia e di fame nervosa?). Hai costruito un sintomo per un motivo. Certo, non puoi tenerlo, dovremo trovare un altro modo per affrontare la situazione che ti mette così a disagio e che non riesci ad affrontare, ma almeno ha senso. Meno sensi di colpa per tutti!

Non ci credi?

Ecco alcuni ESEMPI che mi capitano frequentemente:

Attacchi di panico come modi per “scoppiare di rabbia”: capita a tutte quelle persone che tendono a reprimere la rabbia, a passarla su di sè, anziché all’esterno. Quando arrivano al limite scatta l’attacco di panico (in questi casi, gli attacchi di panico sono degli scoppi di rabbia e non di ansia).

Fame nervosa come modo per “gestire/non sentire” le emozioni e i propri bisogni: capita a quelle persone che fanno fatica a vivere le emozioni che provano. Mettono sempre davanti gli altri a se stesse, con il risultato che le proprie emozioni e i propri bisogni sono sempre all’ultimo posto della lista. Per non sentire l’emozione o il bisogno che fa capolino, ci mangiano sopra.

Attacchi di ansia/panico come risposta alla paura di separarsi dalle persone care. Mi capita spesso con gli adolescenti (ma si ritrova anche in molti adulti): la paura di fare il passo per diventare grandi e autonomi è così forte che ci si “rintana” in casa “grazie” agli attacchi di panico. Magari si continua a uscire, ma gli attacchi di panico impediscono di fare dei veri e propri passi verso l’autonomia (spesso, infatti, portano a chiedere costante aiuto e cure alle persone care).

Questi sono solo tre esempi molto molto comuni. Ogni ragione va poi compresa “su misura” della persona.

Quali sono le ragioni per cui la persona ha bisogno di questo sintomo? A cosa serve? Quale paura sottende?

Avevo una prof. (mitica!) che, quando portavamo i casi in supervisione, ripeteva in continuazione: “Ah è successo questo nella vita della persona, ma dai? Ma dai?”

Quel “Ma dai” mi ha sempre messo un’ansia tremenda. In pratica, rileggendo la storia della persona è possibile capire come e perchè quel sintomo sia stato costruito. E’ il motivo per cui chiedo sempre la storia di vita: a differenza della psicoanalisi classica, nei percorsi che faccio la storia passata aiuta a dare un senso al presente.

Come si fa a dare un senso al sintomo?

In psicoterapia, i primi 3-5 incontri (a volte di più, se occorre, a volte meno) sono dedicati alla raccolta della storia di vita e ai test. Lo faccio attraverso il racconto della persona, facendo delle domande che aiutino a narrare il proprio percorso di vita. In più uso la linea del tempo, ossia chiedo di indicare su un foglio i passaggi o i ricordi di vita che la persona considera importanti per sè

Questo aiuta a mettere ordine, a capire in quali passaggi di vita la persona si sia inceppata o abbia incontrato difficoltà e in quali sia andata avanti tranquilla e spedita come un treno. In genere, c’è una sorta di filo conduttore che aiuta a capire anche quello che sta accadendo oggi.

Durante questi incontri, chiedo anche di fare delle “mappe” su cui segnare quando si verifica il sintomo, con quali pensieri e con quali emozioni. Questo esercizio, di cui ti ho parlato spesso, aiuta ulteriormente a capire quale sia il filo conduttore.

Alla fine dei 5 incontri (circa) metto insieme storia di vita e quanto emerso dai test e provo a raccontare alla persona quello che mi sembra possa essere successo: perchè questo sintomo? Perchè proprio ora? Che paure ci sono sotto? Cosa possiamo fare per “risolvere” la situazione?

Hai mai pensato che il tuo sintomo potesse avere un significato e dei “vantaggi”? Come la ved questa prospettiva?

About The Author

Alessia Romanazzi

Psicologa e psicoterapeuta. Aiuto le persone ad affrontare momenti di stress temporanei o prolungati. Insieme cercheremo la tua personalissima soluzione per superare il momento critico. Mi trovi in studio a Saronno e a Milano. Attraverso Skype in tutto il mondo!

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