Dobbiamo dichiararlo apertamente all’inizio: stare vicino a chi soffre di attacchi di panico è difficile. Soccorrere qualcuno che ha un attacco di panico anche. Se quel qualcuno lo conosciamo la fatica diventa doppia.
Lo dico spesso: io lavoro con gli attacchi di panico ogni giorno. So “perfettamente” cosa fare se una persona ha un attacco di panico, ho in mente ogni singolo accorgimento. Eppure, se dovesse capitare a qualcuno di molto vicino a me, sono certa che non solo sarei io in difficoltà, ma anche la persona stessa mi ascolterebbe molto meno di quanto fanno i miei pazienti.
Qui avevamo visto tre dritte generali per aiutare chi soffre di attacchi di panico. Oggi cerchiamo di capire come soccorrere qualcuno che ha un attacco di panico. Proviamo a capire, quindi, come intervenire nel momento esatto in cui arriva l’attacco.
Se conosci la persona, vai direttamente al punto 1. Se è uno sconosciuto, parti dal punto 0.
0. COSA FARE SE LA PERSONA CON ATTACCO DI PANICO E’ UNA SCONOSCIUTA
Non ho ancora capito se sia più facile intervenire con uno sconosciuto o con una persona che conosciamo bene. Propendo per la prima (!!).
Se si tratta di uno sconosciuto, però, la difficoltà è quella di rompere il ghiaccio, perché si ha paura di invadere la privacy della persona che sta male. E se si infastidisce? E se mi manda a quel paese?
Può capitare. Tuttavia, ho sempre la pelle d’oca quando leggo articoli di giornale del tipo: “Sta male in stazione centrale e nessuno si ferma a prestare soccorso“. Meglio prendersi una mala parola che ignorare a priori, credo. Ma questa è una mia personalissima opinione.
Potresti intervenire così: “Mi scusi, non voglio rompere le scatole, ma ho l’impressione che non stia bene. Posso essere d’aiuto?“.
In caso di risposta anche solo vagamente affermativa, procedi indagando l’accaduto: “Cosa sente? E’ la prima volta che succede? Ha mangiato qualcosa o preso qualche medicina che potrebbe aver avuto questo effetto?”
Non farlo sembrare un interrogatorio. Chiedilo con calma. L’idea è quella di capire se si tratti di un attacco di panico o se i sintomi siano dovuti a una condizione medica o a sostanze (ma in questa fase non chiederei se la persona ha assunto droghe o altro, perché potrebbe risentirsi).
1. CHIEDERE COSA SENTE
Prima di intervenire bisogna capire che cosa stia accadendo. E’ davvero un attacco di panico? Puoi chiedere se sia mai capitato prima o meno. In molti casi, la persona sa già che si tratta di un attacco di panico. In altri no.
Indaga quello che sente, per capire se si tratti o meno di un attacco di panico. Ti lascio un’immagine riassuntiva che avevo fatto tempo fa e che dovrebbe aiutarti nel capire quali siano i sintomi di un attacco di panico.
2. EVITARE COSE TIPO “NON ANSIARTI” “E’ SOLO ANSIA” “RILASSATI” “E’ TUTTO NELLA TUA TESTA”
Nell’articolo della scorsa settimana, rivolto direttamente a chi soffre di attacchi di panico, suggerivo di pensare “E’ solo ansia“.
Ecco, appunto, mi sembri un po’ contraddittoria.
Uhm no. In realtà, la frase va bene solo per i diretti interessanti che soffrono di attacchi di panico. La stessa frase, detta dall’esterno, suona sminuente. Di fatto, chi soffre di attacchi di panico può dire a se stesso “E’ solo ansia”. Tu, da fuori, non puoi.
Mi spiego meglio. Chi ha un attacco di panico sente davvero di stare per morire, quindi dire a se stessi che è solo ansia, aiuta a normalizzare quello che sta accadendo. Sentirselo dire dall’esterno, al contrario, fa sentire poco capiti e sembra che si tratti di una questione di poco conto.
Cosa fare? Andiamo al punto successivo.
3. USARE UN TONO RASSICURANTE, MA DECISO (NON SACCENTE, DECISO!)
Fagli sentire che lo capisci, che sai quanto stia soffrendo e che non ti sembra esagerata questa paura di morire di cui vi parla. Tuttavia, spiega che si tratta di un attacco di panico, che è tremendo, ma non morirà, anche se in questo momento sembra che sia arrivata la fine. Spiegagli, con tono rassicurante, che questo attacco durerà 10-30 minuti. Mostrati comprensivo, ma sicuro. E’ fondamentale, per chi sta avendo un attacco di panico, sentire di essere capiti, ma da qualcuno che si presenta solido, rassicurante.
Settimana scorsa chiedevo sui social cosa servisse a chi sta avendo un attacco di panico. La risposta principale è stata: “Essere abbracciato/capito, ma allo stesso tempo avere qualcuno che mi distragga“. L’idea è proprio questa: sentirsi coccolati, ma da qualcuno che aiuti anche a superare il momento.
4. AIUTALO A DISTRARSI E A RESPIRARE BENE
Respirare bene durante un attacco di panico è difficile. In genere, le persone si sentono soffocare o sentono il respiro corto, per cui iniziano a respirare molto velocemente (iperventilazione) e questo, invece di aiutare, aumenta la sensazione di stordimento, peggiorando l’attacco di panico.
Dovete aiutare la persona a respirare bene: “Lo so che ti sembra di non riuscire a respirare, ma questa sensazione e la sensazione che la testa sia annebbiata è data proprio dal respiro veloce. Respira insieme a me e vedrai che passerà più velocemente“.
L’ideale sarebbe la respirazione diaframmatica, ma è impensabile riuscire a insegnarla durante un attacco di panico (se vuoi comunque conoscerla, trovi qui un video).
Quindi puoi seguire due passaggi:
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Fagli mettere le mani a conchetta intorno alla bocca e aiutalo a respirare lì dentro (in alternativa, puoi usare un sacchetto di carta o un contenitore vuoto);
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Dai un ritmo alla sua respirazione pronunciando lentamente: “1001 (milleeuno)”-inspirazione; 1002 (milleedue) – espirazione; 1001-inspirazione; 1002-espirazione”.
N.B. Fagli sentire che sta facendo bene. L’idea di non riuscire a respirare lo manda in tilt, quindi EVITA frasi del tipo: “No, se respiri così peggiora” o “No, stai respirando male”. Dei aiutarlo a sentirsi capace di fronteggiare la situazione.
Perché le mani a conchetta o il sacchetto di carta? In brevissimo,perché alcuni studi hanno evidenziato come l’iperventilazione sia risolta da una miscela di ossigeno e anidride carbonica. La otteniamo proprio in questo modo.
La respirazione dovrebbe già servire a migliorare la situazione. Puoi aiutare ulteriormente, facendo distrarre la persona. Mi raccomando, NON dirgli: “Non pensarci” (è impossibile non farlo!!!), ma prova a raccontare qualcosa, a contare insieme a lui le macchine che passano…Distrarsi aiuterà a far passare un po’ prima i sintomi dell’attacco.
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