Negli ultimi anni mi è capitato di incontrare (fuori e dentro lo studio) sempre più bimbi con disturbi d’ansia e una buona percentuale di loro non con la “classica” ansia generalizzata che già si vedeva nei bambini, bensì con attacchi di ansia o di panico. Inutile dire che, con la pandemia, questo numero è ulteriormente salito.
Il primo passo, in terapia, è sempre quello di spiegare alla persona che cosa stia succedendo. Ovviamente, vale anche per i bambini e per i loro genitori. In questo articolo lancio qualche sassolino* per capire come spiegare l’ansia ai bambini e cosa fare nel momento in cui fa capolino nella loro vita (e vostra, se siete coloro che se ne prendono cura).
*sassolino= uso spesso questa dicitura per far riferimento a qualche spunto di riflessione. Mi piace immaginare di avere in tasca dei sassolini colorati, ognuno dei quali una volta lanciato in acqua fa partire ulteriori riflessioni.
Da dove partire per spiegare l’ansia ai bambini
Facciamola subito semplice, che tanto lo è: per spiegare l’ansia, a un bambino o adulto che sia, si parte dal racconto che la persona fa della propria ansia. Lo specifico, anche se può apparire banale, perché quando qualcuno ha l’ansia, soprattutto nel caso in cui quel qualcuno sia nostro figlio, il primo impulso è quello di iperattivarci, spesso muovendoci in maniera scomposta per capire cosa fare.
Invece no. Il primo passo per spiegare l’ansia ai bambini è farsela spiegare.
Farsi spiegare l’ansia dalla persona che la sta vivendo è fondamentale per mettere a fuoco come si presenta nel bambino, come la vive, come se la immagina, ma anche per poter dare una spiegazione che sia il più possibile calata su misura per loro. Se ho in mente quale rappresentazione ha il bambino della sua ansia, allora posso riprendere alcune sue parole e immagini per dare una forma più concreta alla mia spiegazione sull’ansia.
Come chiedo ai bambini di spiegarmi l’ansia in terapia? Prima lo chiedo a parole e già qui i bambini sono bravissimi, molto concreti e precisi nelle loro descrizioni. Con i bambini è quasi più semplice, perché a differenza degli adulti vanno dritti al punto. In secondo luogo, chiedo loro di fare un disegno: “Ti va di disegnare la tua ansia, così posso vederla anche io?“.
L’ansia spiegata dai bambini
Mi viene in mente un bimbo di 9 anni che, alcuni anni fa, aveva disegnato il volto di un bambino con un nocciolino in gola:
“Eccola, è così la mia ansia: è un nocciolino qui” indica la gola dove capeggia un nocciolo enorme, che occupa tutto lo spazio disponibile.
“Urca” dico io prendendo in mano il disegno “È proprio grande! Secondo te che nocciolino è, di quale frutto? Così, giusto per capire le dimensioni…”
“È come il nocciolo di una pesca”
“Sì, proprio grande. Deve essere anche abbastanza fastidioso averlo lì nella gola”.
“Lo è” mi dice. Mi spiega poi, su mia richiesta, i momenti in cui lo sente di più, cioè “sempre”.
Facciamo un patto: “Ok, noi cerchiamo di lavorare per farlo sparire, ma non va via di colpo. Non è un nocciolo che puoi semplicemente sputare, come faresti con quello della pesca. Questo è un nocciolino che si ridurrà pian piano, diventerà sempre più piccino, fino a scomparire“.
E così fu: quel nocciolo di pesca divenne prima un nocciolo di ciliegia, poi d’anguria e poi parve scomparire del tutto. Durante queste sue trasformazioni, il nocciolino iniziò anche a farsi sentire solo in alcune occasioni (non più “sempre”) e riuscimmo a mettere a fuoco quelle situazioni in cui sembrava venire fuori un po’ più frequentemente e quelle in cui sembrava non esserci proprio. Ci rendemmo conto che dava fastidio quando doveva fare qualcosa che lo metteva un po’ alla prova e, lontano dai genitori, sentiva di non avere gli attrezzi per farcela da solo. Capita spesso anche ai grandi e capita soprattutto nei momenti di passaggio che, in questo specifico caso, corrispondeva al passaggio dall’infanzia all’età adolescenziale.
Una volta avuta la spiegazione dell’ansia dai bambini cosa faccio?
Una volta capito come il bambino vive l’ansia e come se la immagina, dobbiamo unire la nostra spiegazione di ansia alla sua.
Vi porto un esempio di possibile spiegazione.
1. Parto spiegando la differenza tra ansia normale e ansia patologica:
“L’ansia è fastidiosa, su questo non ci piove. La buona notizia è che la proviamo tutti, perché serve a proteggerci dai pericoli. Tipo: l’ansia arriva quando dobbiamo fare qualcosa di importante, come fare un’interrogazione o prepararci per la finale del torneo di calcio, e ha la funzione di dirci -Ehi! Devi fare una cosa importante, mi raccomando stai bene attento e raccogliamo tutti i tuoi attrezzi (risorse) per far sì che tutto vada bene!-. L’ansia è una nostra alleata, si attiva per tenerci svegli, per farci stare attenti, per non dimenticare un appuntamento… .
Ci sono però dei casi in cui l’ansia si attiva un po’ troppo. Se ho davanti un T-Rex vero e mi si attiva l’ansia è tutto normale; se prendo in mano un T-Rex giocattolo e ho l’ansia forse quell’ansia è un po’ troppa. Se ho l’ansia una volta ogni tanto è tutto normale, se ho l’ansia tutti i giorni per andare a scuola, tanto che mi viene un mal di pancia enorme, vuol dire che l’ansia si è attivata un po’ troppo“.
Qui, in genere, propongo di inserire un’immagine portata dal bambino:
- …si attiva un po’ troppo e si mette a urlare (quando ci sono attacchi di panico che sembrano dei bombardamenti, ad esempio).
- …si attiva un po’ troppo e ti fa sentire quel fastidioso nocciolino in gola, come se ti mancasse l’aria e non riuscissi bene a parlare.
- …si attiva un po’ troppo e sembra che ti stia stritolando la pancia (in quei casi in cui l’ansia si esprime attraverso il famoso mal di pancia).
2. Spiego che anche l’ansia patologica ha una funzione utile.
“So che quando fa così l’ansia è molto fastidiosa e si infila dentro alle tue giornate (riporto qualche esempio che mi ha fatto, relativamente alle situazioni in cui l’ansia diventa disturbante). Devi sapere che non lo fa con cattiveria: lei ha un messaggio da portarti, vuole dirti che c’è qualcosa che non va, qualcosa che ti fa paura anche se non te ne sei accorto“. In questa fase porto qualche esempio possibile (non è richiesto di farlo anche voi genitori/adulti a casa, ve lo racconto giusto per completezza di informazioni, ma a voi basta la prima parte della spiegazione).
In genere, quando vedo il bambino, ho già visto 1-2 volte i genitori facendomi raccontare la storia del sintomo e la storia di famiglia, inoltre ho chiesto al bambino di spiegarmi la sua ansia per cui ho un’idea di massima di quale potrebbe essere il motivo per cui l’ansia ha fatto capolino. “Ti faccio qualche esempio: a volte arriva perché i bambini hanno paura di rimanere da soli, a volte arriva perché le verifiche fanno davvero paura, altre volte perché sembra di non avere gli attrezzi per fare le cose importanti da soli e l’ansia urla per chiedere che arrivino la mamma e il papà [se coppia eterogenitoriale] in aiuto, altre volte ancora perché alcuni bambini vorrebbero che la mamma e il papà giocassero con loro ma è un periodo proprio pieno e difficile e non glielo chiedono“. Racconto vari motivi possibili e mi soffermo un po’ di più su quello che mi sembra essere il loro, pur rimanendo sul generale (“ad alcuni bambini accade perché…” e non ” a te accade perché…”).
Nella maggior parte dei casi, questa è una spiegazione sufficiente. Con i bimbi, io consiglio sempre di dare spiegazioni brevi (che siano sull’ansia o su qualunque altro argomento), poi fare una pausa e verificare se sorgano in lui/lei altre domande. Il rischio è quello di riempirli di informazioni che, data la quantità, generano confusione o di dare info non richieste che diluiscono il significato delle altre. Tanto vale fermarsi e chiedere se hanno capito, se poi ci sono altre domande allora continuare.
Altre domande che i bambini fanno sull’ansia
Anche tu mamma/papà/psicologa/maestra hai l’ansia?
Rispondiamo sempre sinceramente. Nascondere le cose ai bambini serve a poco, loro sono molto abili ad annusare la vera risposta nell’aria e nei nostri occhi, la sentono a pelle. Se rispondiamo di no, quando la risposta è sì, verrà loro da pensare che ci sia qualcosa di sbagliato o vergognoso nel provare ansia, forse è meglio che ce la tengano nascosta. Quindi, prima guardiamoci dentro: “Ho l’ansia? In quali casi?“. A questo punto adattiamo la risposta utilizzando un linguaggio a loro comprensibile (teniamo sempre conto dell’età, perché parlare a un bimbo di 4 anni è diverso dal parlare con un bimbo di 10): “Tutti hanno l’ansia qualche volta, ma come ti dicevo ci sono occasioni in cui quell’ansia urla più forte. Ti ricordi quella volta che non trovavo più il portafoglio e me lo avevano rubato? Ero in ansia, avevo molta paura di non ritrovarlo e continuavo a pensare a come avrei fatto. Avevo il cuore che andava a mille, mi sembrava di non capire più niente, mi parlavi ma non riuscivo ad ascoltarti, mi ronzavano le orecchie“. Riportare un esempio a cui il bimbo era presente è utile perché rende subito concreta la spiegazione. Se non ve ne vengono in mente, provate comunque a portare esempi concreti di situazioni che possano facilmente immaginare: “L’altro giorno, sul lavoro, ho fatto un errore grande e il capo mi ha chiamato nel suo ufficio per parlarne. Mentre andavo avevo moltissima ansia“. Anche i grandi sbagliano e hanno pure paura, evvai che abbiamo preso due piccioni con una fava!
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