Disturbo post-traumatico da stress: cos’è e cosa fare

Di disturbo post-traumatico da stress si sente parlare spessissimo anche sul piccolo e grande schermo. Oggi provo a spiegarvi un pochino di cosa si tratta (sperando che vi serva, al massimo, per fare un po i fighi al prossimo episodio di quella serie TV su Netflix!).

Quali sono i sintomi di disturbo post-traumatico da stress?

Per poter fare diagnosi di disturbo post-traumatico, ci servono tre ingredienti principali.

1. C’è stato un evento traumatico?

La persona DEVE essere stata esposta a un evento che abbia a che fare con morte o minaccia di morte oppure grave lesione o violenza sessuale.

In che modo esposta?

  • Direttamente
  • Assistendo a un evento che coinvolge altri
  • Venendo a conoscenza di un evento traumatico che coinvolge un familiare o un amico stretto
  • Facendo esperienza di eventi estremi o ripetuti che abbiano dettagli cruenti (es. personale che si occupa di “ripulire” la scena di un crimine, soccorritori che raccolgono resti umani, professionisti che raccolgono testimonianze di abusi su minori…). NOTA: non contano le esposizioni attraverso i media (TG, serie tv, film…).

Il primo punto ci dice, quindi, che l’evento traumatico deve essere oggettivamente traumatico (in caso contrario, è possibile comunque sviluppare sintomi importanti, ma ci orienteremo su altre diagnosi, tipo il disturbo dell’adattamento).

N.B. Non tutto quello che per la persona costituisce un trauma porta a un disturbo post-traumatico da stress.

2. Ci sono i sintomi di disturbo post-traumatico da stress?

I sintomi del disturbo post-traumatico da stress si dividono in quattro categorie:

  • INTRUSIVI. Parole, immagini, odori, suoni e sensazioni varie legate all’evento che tornano alla mente sotto varie forme (pensieri, incubi, flashback, sintomi ansiosi…).
  • DI EVITAMENTO. Tendenza a evitare tutto quello che ricorda l’evento traumatico e questo evitamento può avvenire in varie forme (scacciando via i pensieri; evitando luoghi, cose o persone che ricordino l’evento). In alcuni casi l’evitamento può prendere la forma di una vera e propria DISSOCIAZIONE (la persona si sente distaccata dai propri pensieri e/o dal mondo circostante, come se li osservasse dall’esterno, si sente distaccato anche dalle persone a cui vuol bene, ha vuoti di memoria…).
  • DI ALTERAZIONE DI PENSIERI ED EMOZIONI. Convinzioni negative rispetto a se stessi o al mondo (io sono cattivo, il mondo è pericoloso…); pensieri relativi alle cause dell’evento distorte (è colpa mia, è colpa di…; emozioni negative (paura, orrore, rabbia, senso di colpa e di vergogna) e incapacità di provare quelle positive; scarso interesse nelle attività; senso di distacco dalle persone a cui si vuol bene,
  • DI ATTIVAZIONE (AROUSAL). Tendenza a star sempre “con le antenne alzate”, percependo pericoli e minacce ovunque. Questo può causare disturbi del sonno, problemi di concentrazione, un costante stato di vigilanza e di allarme, scoppi di rabbia improvvisi e di entità non giustificata.
3. C’è disagio? Quanto dura?

Decisamente, i sintomi qui sopra creano disagio, ma come lo vediamo? Da due aspetti principali: la persona “vive male” la situazione (e fin qui siamo alla fiera dell’ovvio!) ed essa incide in modo significativo su una o più aree di vita (relazioni, lavoro/studio…), che risultano quindi alterate rispetto al periodo precedente al trauma.

I sintomi durano almeno un mese (se durano da 3 giorni a un mese, si parla di disturbo acuto da stress, che ha uguali sintomi, ma durata inferiore).

L’evento non è traumatico, ma io sto male!

Buon punto! Dunque, possiamo fare diagnosi di disturbo post-traumatico da stress solo se l’evento rientra tra quelli specificati, ma questo non significa che nei casi restanti ce ne freghiamo! O_o

La natura del trauma, certo, ha il suo perché (ad esempio, nei casi di violenza sessuale, la probabilità di sviluppare un disturbo post-traumatico da stress è molto più elevata), ma ci sono anche altri fattori (soggettivi, di età, livello di istruzione, di etnia e fattori post-traumatici, ossia cosa succede dopo l’evento…) che concorrono a proteggere o a complicare la situazione.

Questo implica che davanti a eventi molto grossi (oggettivamente traumatici) alcune persone si riprendano benissimo e che davanti a eventi di minor entità altre persone stiano malissimo. Qui dovrei aprire un capitolone. Magari ne parliamo un’altra volta, ma riassumo qui con due spunti:

  • Si propende per altre diagnosi (tipo il disturbo dell’adattamento)
  • Si parla di traumi con la t minuscola (se ne parla nelle EMDR e si tratta di quelle situazioni in cui non c’è l’eventone che minaccia la vita del soggetto, ma una serie di eventi disturbanti, che magari si ripetono nel tempo).

Disturbo post-traumatico da stress: cosa fare?

Non tutti coloro che vivono un trauma sviluppano disturbo post-traumatico da stress e, di chi lo sviluppa, la maggior parte si riprenderà naturalmente nei mesi successivi (nel 60% dei casi).

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Quindi vado tranquillo? Passerà da solo?

Uhm no, non è detto. Anzi, nel caso in cui si sia esposti a un trauma, il consiglio è quello di prendere contatti con uno psicoterapeuta, perché in quei casi in cui la faccenda non si risolve naturalmente, il quadro diventa decisamente meno ottimistico e grave. Meglio prevenire, insomma.

In qualunque caso, affrontare un trauma NON significa dimenticarlo o ricordarlo con indifferenza, ma farlo diventare parte della propria storia, abbassando l’entità dei sintomi. E questo no, non avviene naturalmente e senza sforzi. La terapia sui traumi si basa proprio su questo: ridare parole e immagini coerenti al trauma.

About The Author

Alessia Romanazzi

Psicologa e psicoterapeuta. Aiuto le persone ad affrontare momenti di stress temporanei o prolungati. Insieme cercheremo la tua personalissima soluzione per superare il momento critico. Mi trovi in studio a Saronno e a Milano. Attraverso Skype in tutto il mondo!