Come si supera la fine di una storia? E’ davvero possibile uscirne più forti di prima come si sente dire?
Certamente! Tuttavia, bisogna sempre tener presente di quale impatto quella storia e la chiusura di quella storia abbiano avuto su di noi.
Non credo ci siano delle regole preconfezionate per affrontare la chiusura di una storia, ma di una cosa sono sicura: oltre all’elaborazione della sofferenza per la perdita della persona amata (sì, la chiusura di una storia è un lutto), dobbiamo anche capire quale funzione avesse quella persona per noi. Come ci fa sentire aver perso quella persona? Cosa sentiamo di aver perso e di non riuscire più a fare?
Visto che parlarne da fuori è molto semplice (e non mi credereste), ho deciso di lasciare direttamente la parola a F. (35 anni), con cui abbiamo fatto un percorso proprio per affrontare la chiusura di una storia. Durante il percorso abbiamo scoperto che, certo, c’era molta sofferenza legata alla fine della relazione in sé, ma molta era causata da alcune insicurezze personali che, fino a quel momento, erano state colmate dal partner.
F. è uno splendido esempio di come la faccenda del “trasformare la difficoltà in vantaggio” non sia solo un modo di dire. Ne è davvero l’impersonificazione, come vedrete leggendo l’intervista che le ho proposto! =)
Quali motivazioni o problemi ti hanno spinto a intraprendere questo percorso?
Durante la mia ultima relazione sentimentale durata 7 anni, ho iniziato a sentirmi sola, a sentire che qualcosa non andava, a intuire di aver bisogno di parlare con qualcuno, ma non un semplice parlare e non un semplice qualcuno.
Io mi sentivo sola e non presa in considerazione, si verificavano frequenti litigate senza capo né coda, sentivo di non riuscire a godermi alcuni momenti della vita quotidiana per via di un eccessivo controllo che mettevo nel fare e nell’organizzare queste cose, mi sono resa conto di essere una persona apparentemente serena e controllata al lavoro ma con momenti di panico per questioni poco rilevanti nella vita quotidiana (per meglio dire: questioni che al momento mi sembravano ostacoli invalicabili, mostri spaventosi che non avrei saputo affrontare e che in seguito, analizzandoli erano qualcosa di risolvibile e relativamente innocui. Mi sentivo anche molto stupida per questo motivo).
Ho iniziato a interrogarmi un po’, e la fine di questa relazione e la crisi interiore che ho vissuto (tutte le cose precedenti e, in aggiunta, il fatto di sentirmi una persona “finita” che alla mia età e con la vita che forse immaginavo, non potevo più fare nulla) mi ha dato la spinta a fare qualcosa per me, a provare a stare meglio mi sentivo come se avessi toccato il fondo e in qualche modo volevo riemergere un po’.
Che impatto aveva questo problema sulla tua vita?
Avevo spesso voglia di piangere, infatti capitava spesso in momenti di solitudine di non riuscire a trattenermi. Mi accorgevo di passare molto più tempo a dormire e non a vivere. Ero sempre arrabbiata e insoddisfatta. Piccoli problemi facilmente risolvibili o piccole “novità” mi mandavano subito nel panico e avevo spesso crisi di pianto prima di riprendermi e capire che in realtà erano cose risolvibili. Dopo la fine della relazione mi sono sentita sola, senza persone su cui contare.
Quali erano i tuoi dubbi prima di cominciare?
Starò facendo qualcosa di giusto? Riuscirò a risolvere qualcosa o sto perdendo tempo? Riuscirò a trovare una persona con cui sentirmi a mio agio a raccontare le mie cose? E se non mi ci trovo? Un grande vantaggio l’ho avuto non andando proprio alla cieca ma guardando alcune stories su Instagram che mi hanno da subito ispirato fiducia, e alcuni dubbi li ho scavalcati più velocemente.
Cosa è cambiato durante il percorso?
La cosa che ho notato da subito, dal primo incontro e per tutti i successivi, è che percorrendo la strada di ritorno a casa, che io avessi pianto per tutto l’incontro o che invece avessi semplicemente raccontato la mia “banale” settimana trascorsa, mi sentivo molto leggera, rassicurata, mi sentivo meglio.
Non avevo incontrato nessuno con la bacchetta magica ma forse sentivo di essere stata capita e di aver fatto comunque una cosa buona per me stessa.
Mi sono accorta di non essere sola, di avere attorno tante persone che mi vogliono bene e a cui io voglio bene, che ci sono sempre state e a cui io forse non avevo dato il giusto valore e la giusta attenzione.
Ho imparato ad accettare un po’ di più alcuni lati di me stessa che forse ho messo un po’ troppo sotto esame, perché nel sentirmi sola ho anche pensato di essere l’unica persona a cui succede qualcosa, non pensando che invece le cose succedono a tutti.
A tutti capita di essere stanchi e di lasciare la casa in disordine, a tutti capita di avere le proprie fissazioni, di come si posizionano piatti e bicchieri nella lavastoviglie, a chi deve avere tutto in ordine prima di uscire di casa, è bello sapere che non si è gli unici ad averle queste “fisse” ed è bello sapere che anche se una volta non si fa così non succede niente.
Ho imparato che da sola posso fare tutto, riesco a fare tutto, e quello che non riesco a fare per scarsa conoscenza posso chiederlo e provare a farlo, e quello che non riesco a fare posso chiedere sempre aiuto a qualcuno, un professionista o un amico..
Posso chiedere senza sentirmi inutile o inferiore, perché so che comunque ho trovato il modo di risolvere il mio “problema” con l’aiuto di qualcun altro. Ad ogni problema c’è una soluzione, ed è vero, e con un po’ di esperienza e di tempo (e di incontri) ho capito di avere tutte le carte in regola per affrontare le novità, che inizialmente spaventano così tanto, ma si studiano, si possono trovare le risorse per affrontarle, e la prossima novità sarà meno “nuova” e un po’ meno spaventosa.
Quando credevo di stare meglio, che le cose stessero andando bene, ho avuto qualche “caduta”, qualche momento molto simile a quelli iniziali. In quel caso ho avuto la sensazione di aver annullato ogni progresso, di essere tornata al punto di partenza, di aver soltanto “perso tempo”. Non era così, e quasi quasi ero anche felice che fosse successo (dopo), perché di inciampare succede spesso, però poi so come rialzarmi o piuttosto come riprendere la marcia, perché non è detto che inciampando si cada sempre per terra.
Qual è il beneficio più grande che ti porti a casa da questo percorso?
Sicuramente il fatto di sapere di avere le mie risorse, di averle sempre avute e di averle forse nascoste, messe da parte, ma di averle ritrovate, di sapere che sono lì, posso usarle tutte o posso lasciarle da parte. Il fatto di sapere che non sono sola, che ci sono migliaia di persone simili a me, e che solo confrontandosi si scopre e ci si sente meno soli. Che essere ascoltati e capiti e parlare e confrontarsi è rigenerante, sono degli strumenti che fanno stare bene.
Come vedi oggi il tuo futuro?
Ancora non lo so, ma so che voglio fare cose che mi facciano stare bene, che se voglio cambiare qualcosa devo impegnarmi. Sono in una fase in cui mi sto interrogando sulla mia vita futura, e per ora ho capito che devo iniziare a fare piccoli cambiamenti per capire se sto andando nella giusta direzione, senza colpevolizzarmi troppo se il tentativo poi va male.. mi indica solo che la strada non è quella.
Per quanto mi riguarda per ora mi sono iscritta a un test per accedere al corso di laurea magistrale, e mi sto impegnando a studiare (e non sono da sola, ma con mia sorella, e la cosa mi dà ulteriore motivazione).
A fine mese svolgerò il concorso, se andrà bene so che affronterò nuovi impegni, nuova organizzazione del mio tempo, nuove conoscenze, nuovi concetti. Se non andrà bene penserò al prossimo step. Per ora sono contenta di aver capito che lo studio mi mancava, e che cercherò di ritagliarmi sempre del tempo per farlo.