Oggi ti parlo di un problema frequentissimo: il blocco universitario. Cioè, te ne parla M. (23 anni), io ho scritto solo l’introduzione.
Ecco, non prenderti meriti che non hai…
Ufffffffffffff…Pesanti ‘sti gatti!
Ci sono davvero tantissimi ragazzi che non riescono più a procedere, non riescono a dare esami e rimangono fermi. Lo stato d’animo è sfiduciato, talvolta in ansia, più spesso confuso. Provano anche a mettersi sui libri, ma non riescono a studiare davvero. Oppure i libri non riescono proprio ad aprirli.
La prima cosa che dico, in genere, è che quello che è accaduto è piuttosto frequente, quasi normale. E’ una fase delicata, in cui ogni ragazzo affronta il grosso compito del “diventare grande“. Di questo compito (e di tutte le difficoltà che comporta) ti parlo meglio un’altra volta. In breve, possiamo dire che ogni età ha il suo “compito” e per affrontarlo entriamo un pochino in crisi. Questo è naturale e riguarda tutti, ma quando la crisi naturale si scontra con la nostra storia e le nostre dinamiche, si rimane bloccati.
Ma torniamo a noi…! M. ha ormai finito il percorso con me da più di un anno, ma l’ho contattata per chiederle di raccontarsi in quanto è uno splendido esempio di come sia possibile affrontare il blocco universitario.
Anche lei, quando è arrivata, non riusciva a dare esami e aveva dubbi sul percorso di studi. E’ uno splendido esempio, dicevo, perché dimostra quanto il blocco universitario possa capitare durante il percorso di crescita (per svariate ragioni), ma tirando fuori tutte le proprie risorse è possibile affrontarlo, superarlo e andare avanti. Soprattutto, però, dimostra come non sia necessario attendere anni per sbloccarsi (M. ci è riuscita nel giro di pochi mesi).
Quando a Febbraio ho ricevuto il messaggio in cui mi diceva di essersi laureata, mi sono emozionata tantissimo! E’ stato sorprendente starle accanto in questa fase delicata e vederla pian piano riprendere in mano la propria vita (non solo gli studi) e portarla dove voleva.
Lascio a lei la parola, perché sono certa che possa spiegarvi come ha fatto molto meglio di come potrei farlo io! Sono fermamente convinta che leggere le parole di chi ci è passato sia mille volte più significativo, no?
Abbiamo iniziato il percorso per un blocco negli studi. Che impatto aveva questo problema sulla tua vita? Come si manifestava?
Il mio blocco è iniziato il secondo anno di università. È stato un momento in cui tutte le certezze che avevo prima di intraprendere questo percorso si sono sfumate, non ero più sicura di ciò che volevo fare e di conseguenza della scelta della facoltà (Giurisprudenza). Iniziai a non frequentare più i corsi, ripetendomi che tanto non servivano e potevo studiare benissimo da sola. Ricordo che mettevo davvero tanto impegno nel programmare esami e studio, ma il blocco arrivava quando dovevo materialmente sedermi e studiare.
L’idea di doverlo fare e poi affrontare un esame mi ha portato poi ad avere attacchi d’ansia continui, insonnia e qualche volta anche attacco di panico.
Ho avuto la fortuna di non avere genitori che mi opprimevano con lo studio né con i voti, anzi mi hanno sempre incoraggiato ad accettare tutto, cosa che invece non ho mai fatto perché tenevo alla mia media alta più di qualunque cosa e anche perché nella mia facoltà (purtroppo) esiste una forte competizione per quanto riguarda i voti. Indi per cui o ero certa di aver studiato per un 30 oppure non ci provavo nemmeno (e vinceva sempre quest’ultima opzione).
Inoltre, mi sono creata da sola una pressione di “dovere” nei confronti degli altri: dovere di fare gli esami per i miei genitori che mi stavano pagando l’università e dovere di essere al pari dei miei colleghi.
Cosa hai provato a fare per risolvere il problema del blocco universitario? Cosa ha funzionato e cosa no?
L’organizzazione. Mettersi a tavolino per programmare le giornate, riassumere gli enormi libri con evidenziatori e cancelleria varia mi faceva sentire bene, in qualche modo avevo la percezione di non perdermi nella crisi; oggi posso dire che era solo un modo di “chiudere gli occhi” rispetto alla situazione.
Ha funzionato in parte, nel senso che ha mantenuto viva la mia voglia di fare, per contro non mi risolveva il problema principale: fare gli appunti perfetti, colorati ed estetici non mi facevano studiare ugualmente.
Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso di psicoterapia?
Dopo circa 4 mesi in questa situazione mi sono resa conto di aver bisogno di una mano che nessuno poteva darmi né genitori, né amici. Avevo bisogno di ritrovare me stessa e questo aiuto lo potevo trovare solo da una persona “neutra”.
Quali erano i tuoi dubbi prima di cominciare?
Mi è capitato di pensare che non ne avessi bisogno perché il percorso psicologico era riservato a chi aveva problemi più gravi, ma svanito immediatamente questo pensiero sono sempre stata convinta ed entusiasta dell’inizio del percorso. Ero pronta, mai avuto dubbi.
Cosa è cambiato durante il percorso?
Porti a galla non solo i problemi quotidiani, ma anche tutto il tuo passato. Cambi modo di vedere le cose ed impari ad affrontarle.
In quei mesi riuscii a mettere in chiaro molte cose sul mio percorso universitario: volevo continuare e soprattutto non appartenevo a nessun’altra facoltà e sicuramente è stato per me come accendere finalmente una lampadina in una stanza buia.
C’è voluto sicuramente di più per superare la difficoltà di mettermi lì e studiare.
La cosa più bella che mi sento di condividere è quella di aver imparato (in questo campo) a guardare me stessa e non più ciò che “dovevo fare” o peggio ancora essere al pari degli altri con voti et similia. L’università è un percorso estremamente individuale e stressante e se ti distrai anche solo per un attimo a guardare cosa stanno facendo gli altri e se lo stanno facendo meglio o peggio di te perdi di vista quello che è il traguardo.
Qual è il beneficio più grande che ti porti a casa?
Dopo circa 7 mesi di terapia, con l’inizio del nuovo anno accademico, mi ricordo che iniziai di nuovo a frequentare i corsi, anche 6/7 la settimana.
E quell’anno diedi ben 12 esami e per quanto idilliaca sembri quest’affermazione, no, non è stato facile perché facevo sempre fatica e mi disperavo (anche tanto) per mettermi sotto e trovare la corretta concentrazione per studiare, ma almeno non prendevo più in giro me stessa e alla fine gli esami lì davo e tutti sempre con ottimi voti facendomi tornare a casa fiera di me. E con mia più grande soddisfazione posso dire che il 27 Febbraio 2018 mi sono laureata.
Come vedi oggi il tuo futuro?
È forse la domanda più difficile. Dalla mia avventura universitaria ho imparato che non tutto va secondo i piani. Volevo fare l’avvocato e invece mi ritrovo gratificata e felice di lavorare nella sede legale di un’azienda.
Quindi non faccio più progetti a lungo termine, ma resto a vedere cosa mi riserva la vita.
Il mio percorso psicologico si è concluso ormai da un anno, nonostante questo so dove trovare il mio appoggio in qualunque momento e per qualsiasi cosa.
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E, in caso servisse, la mia porta è sempre aperta! Grazie di cuore, cara M. . E’ stato davvero un onore vedere da vicino con quanta forza e quanta grinta sia riuscita a rimettersi in piedi e a raggiungere il suo obiettivo. Anzi, ho l’impressione che abbia raggiunto anche molto di più, grazie alle risorse che ha saputo tirar fuori. E’ stata uno splendido esempio di quanto la fiducia reciproca sia importante. Mi ha insegnato molto, in primis che i pazienti hanno già in se stessi le capacità per farcela, dobbiamo solo aiutarli a vederle! Porterò con me ogni mattoncino che ha costruito e ogni passo che ha fatto. Sono orgogliosissima di lei (e della sua flessibilità! =P ). Buon proseguimento! =)
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