Oggi vi propongo l’intervista che ho fatto a M. (47 anni). Il percorso inizia per un problema di fame nervosa, ma come sempre il cibo e il corpo c’entrano poco, perché il lavoro è di stampo emotivo.
Nell’intervista, M. vi racconta quando sia stata tosta e difficile: credetele! Ma è proprio per questo che sono ancora più felice di presentarvi questa intervista.
Qualcuno, durante la scuola di psicoterapia, me lo diceva: i pazienti più difficili sono spesso quelli che ti regalano le soddisfazioni migliori e a sorpresa. Ecco, proprio così!
Quali motivazioni o problemi ti hanno spinto a intraprendere questo percorso?
Non riuscivo a perdere peso, ma soprattutto ero infelice. Negli anni ero stata combattiva, rabbiosa, allegra, ma inerme mai. In quel periodo ero diventata inerme e non mi riconoscevo allo specchio. Non mi riconoscevo né dentro né fuori.
Non sono mai stata esile, ma dopo due gravidanze mi sentivo ancora più appesantita, stanca del mio corpo, stanca di me.
Che impatto aveva questo problema sulla tua vita?
Non ero più io. Sono sempre stata famosa per la mia gioia di vivere. In quel periodo zero. Davo tutta la colpa a quel corpo grasso, così grasso da aver perso anche le forme che un tempo erano almeno armoniose.
Aprivo l’armadio al mattino e avevo voglia di richiuderlo facendo rumore. Mi veniva da piangere, da urlare. Frustrata, ero frustrata.
Quali erano i tuoi dubbi prima di cominciare?
Non avevo molti dubbi, ma forse il problema era proprio questo. Io sono partita convinta che il problema fosse il corpo, quindi quando con la dottoressa ci siamo dette che forse il problema era dentro mi ricordo di aver aggrottato la fronte come per dire: “Ma cosa dice? Non ha capito!“.
Ah tutte le cose che ho scritto sopra, cioè che ero depressa, frustrata, stanca di me hanno preso forma dopo. Sul momento io pensavo che il problema fosse il corpo.
Comunque, all’inizio non pensavo di aver grossi problemi dentro. Mi conoscevo bene (illusa!), pensavo di avere una buona consapevolezza di pregi e difetti e di quello che mi era capitato nella vita. Poi ho scoperto che vedevo solo alcuni pezzi di me e altri erano nascosti, forse nascosti sotto quegli strati di grasso.
Cosa è cambiato durante il percorso?
Partiamo con il dire che è stato pesantissimo, difficile. Ma sono cambiata tanto e ora sono contenta di aver tenuto duro. Ci sono stati tanti momenti in cui avrei voluto mollare e poi dal letame nascono le rose, quindi da ogni momento difficile, nei fatti, ne è uscito qualcosa che ho apprezzato.
E’ cambiato il punto di vista: il corpo non era più la causa di tutto il mio star male e quando ne prendi coscienza fa male. Però da lì riparti e comunque ti sei alleggerita di un pezzo: sei in lotta con te stessa, ma almeno lasci stare quel benedetto corpo e ti guardi allo specchio un po’ più tranquillamente.
Qual è il beneficio più grande che ti porti a casa da questo percorso?
L’effetto sorpresa. Lo descriverei così il mio percorso: sorpresa perché pensavo fosse il mio corpo quello che non andava e invece dovevo mettermi a posto io, sorpresa perché nella vita mi sarei alzata e me ne sarei andata invece in terapia son rimasta, sorpresa perché riuscivo ad apprezzare quello che usciva dai momenti difficili, sorpresa di vedermi allo specchio un giorno e capire che non ero più in lotta con il corpo, ma in lotta con me stessa.
Avevo perso qualche chilo, ma ero ancora parecchio grassoccia. Eppure non mi interessava. Me lo ricordo perché era estate e non mi importava della prova costume, non ero in crisi. Non era la fine della terapia, perché in realtà eravamo nel bel mezzo di una tempesta, però è lì che ho capito che ce l’avremmo fatta. Mi commuovo ancora quando ci penso. Ho preso il telefono e ho scritto alla dottoressa che avevo capito quello che intendeva, non era il corpo il problema.
Me lo ricordo quel messaggio, mi ricordo la potenza con cui è arrivato. Quasi mi commuovo anche io ripensandoci, potentissimo!
Come vedi oggi il tuo futuro?
Pensare al futuro in questo periodo di quarantena è un disastro dottoressa!
Non lo so, ma non mi interessa. Mi sento in equilibrio, pronta ad affrontare le cose che verranno. Questa quarantena mi ha fatto capire che sto bene con me stessa e con la mia famiglia. Mi sono ritagliata momenti con loro e momenti per me, anche se eravamo chiusi in 80 mq. Ci sono ancora giorni in cui lancerei l’armadio dalla finestra, ma dentro so che è diverso da prima. Difficile da spiegare perché. Forse per quell’effetto sorpresa: so che le cose non sono lineari, ci sono dei giorni positivi e dei giorni in cui lo si è meno, ma questo non spaventa più. Quindi se anche oggi butterei via l’armadio, so che domani ci farò pace come ho fatto un sacco di volte. Ecco, ecco, forse si può spiegare così: vedo la mia vita come un tutt’uno, passato-presente-futuro, prima ne vedevo solo dei pezzi. Quando stavo male, vedevo solo il male e faticavo a ripensare alle volte in cui mi ero ripresa da situazioni simili. Sono un pezzo unico!