Sulla differenza tra psicologo e psicoterapeuta c’è grandissima confusione. Facendo un giro on-line, gli articoli sembrano parlare principalmente del loro percorso di studi, ma questo non schiarisce molto le idee circa il professionista a cui rivolgersi in caso di bisogno. In questo TeaPost proviamo a rispondere alla domanda: “Mi devo rivolgere allo psicologo o a uno psicoterapeuta?”. Passiamo in rassegna le aree di lavoro e sfatiamo qualche falso mito.
Parto anche io dal percorso di studi, ma la faccio breve. La uso giusto come premessa e poi andiamo nel concreto, come piace a noi e come di solito facciamo su queste pagine.
Psicologo e psicoterapeuta: il percorso di studi
Partiamo dalla fine e andiamo a ritroso: “psicoterapeuta” corrisponde a una specializzazione. E’ un po’ come dire che un medico ha la specializzazione in cardiologia e, a quel punto, è un medico cardiologo. Lo psicoterapeuta fa una specializzazione di quattro anni (in alcuni casi cinque, a seconda delle scuole di specializzazione), al termine della quale ottiene il titolo di psicoterapeuta. Possono accedere a questa specializzazione sia i medici (laureati in medicina+esame di stato) sia gli psicologi, di cui ora vediamo il percorso. Quindi possiamo avere psicologi psicoterapeuti o medici psicoterapeuti. In genere, i medici che sono psicoterapeuti (e possono esserlo anche senza la scuola di specializzazione in psicoterapia) sono i medici specializzati in psichiatria, gli psichiatri per intenderci. Giusto per fare un inciso, che magari approfondiremo un’altra volta, SOLO i medici possono prescrivere farmaci. Pertanto se si è in cura con uno psicologo, psicoterapeuta o meno che sia, occorre un invio allo psichiatra per poter avere una terapia farmacologica (psicofarmaci, in genere).
L’iter di studi dello psicologo
- Laurea in psicologia (laurea vecchio ordinamento o laurea specialistica, nuovo ordinamento)
- Tirocinio di 12 mesi (6 mesi in un’area di lavoro e 6 mesi in un’altra – più sotto vedremo le aree)
- Esame di stato per l’abilitazione alla professione di psicologo
- Iscrizione all’albo professionale degli psicologi
Sin qui, per chi è “in regola” con il percorso di studi, siamo a 6 anni di studio. Dopodiché si può decidere di iniziare a lavorare in una delle aree di lavoro dello psicologo e alcuni scelgono, in contemporanea, di specializzarsi in psicoterapia (4-5 anni di scuola di specializzazione). Dopo 4 anni di scuola di specializzazione in psicoterapia, si è psicoterapeuti.
Quindi un psicoterapeuta è ANCHE uno psicologo (a meno che non arrivi dalla laurea in medicina) e può lavorare in tutte le aree che vi sto per raccontare. In più, può effettuare un percorso di psicoterapia, di cui vi parlo più avanti in questo articolo.
Ma entriamo nel vivo: di cosa si occupa lo psicologo? Che cosa può fare? Quando mi devo rivolgere a uno psicologo?
In quali casi rivolgersi a uno psicologo
Le aree di lavoro dello psicologo sono moltissime e direi che la grossa confusione tra psicologo e lo psicoterapeuta riguarda una sola area: quella clinica/del benessere. Per tutte le altre, è difficile confondersi: è lo psicologo che se ne occupa (poi può avere la specializzazione in psicoterapia, ma in queste aree è abbastanza indifferente ci sia o meno).
Ve le indico, per amor di chiarezza e ordine, in una lista:
- Neuropsicologo. Si occupa della diagnosi e della cura (riabilitazione, potenziamento, sostegno…) di persone che presentano o possono presentare problemi a livello neuropsicologico. Per intenderci, persone che possono presentare problemi a livello delle funzioni cognitive (linguaggio, attenzione, memoria….) collegate a traumi cranici, demenze, lesioni, malattie degenerative… . Lavora, di solito, a braccetto con neurologi, geriatri, logopedisti. Nella maggior parte dei casi, si viene inviati al neuropsicologo a partire dalla valutazione neurologica o geriatrica, ma è possibile rivolgersi anche da sé per una valutazione delle funzioni cognitive o per essere accompagnati in percorsi di sostegno, riabilitazione o stimolazione cognitiva (ad esempio, se ci è stato diagnosticato un problema neurologico che va a incidere sulla nostra vita quotidiana o se riteniamo che ci siano alcuni problemi a livello di memoria, attenzione, linguaggio etc. che richiedono un inquadramento).
- Psicologo scolastico. Lavora nel sistema scuola, spesso con uno sportello all’interno dell’istituto presso cui opera, e si occupa di alunni, genitori e insegnanti a vari livelli.
Qualche esempio: prevenzione, valutazione e intervento di dinamiche sociali e conflittuali (ad esempio, bullismo e cyberbullismo); valutazione, diagnosi e supporto delle difficoltà relative alla motivazione, all’apprendimento e alla concentrazione degli alunni; valutazione e intervento per problemi relativi alla condotta; consulenza per il personale scolastico; formazione, sensibilizzazione e supporto per gli insegnanti nella gestione della classe e nella mediazione con le famiglie; sportello di ascolto e sostegno psicologico per studenti, genitori e docenti… . Ci si può rivolgere allo psicologo scolastico anche privatamente, se ha uno studio fuori dallo sportello scolastico, per le stesse problematiche citate sopra.
- Psicologo specializzato in DSA. Si occupa della diagnosi, della riabilitazione e del potenziamento delle risorse di persone (principalmente bambini) che presentano o potrebbero presentare Disturbi Specifici dell’Apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia…). Li si trova in équipe all’interno del servizio pubblico (lavorano, in genere, in Neuropsichiatria Infantile) o nel privato, dove da alcuni anni è stato concesso di formare delle équipe ufficialmente riconosciute che si occupano di diagnosi, certificazioni e riabilitazioni di DSA. In studio da noi abbiamo l’équipe interna composta da psicologa, neuropsichiatra e logopedista. La nostra équipe è capitanata se ne occupa la mia amata collega, la dott.ssa Valentina Lombardi. Ci si può rivolgere a questa figura anche per proprio conto, ad esempio dopo segnalazione da parte della scuola o perché sono state notate alcune “difficoltà”. Ogni regione ha un elenco delle équipe certificate, che permettono di effettuare valutazioni riconosciute anche nel privato o di effettuare la riabilitazione, soprattutto nei casi in cui le liste d’attesa del servizio pubblico siano così lunghe da non consentire di iniziare il lavoro nei tempi opportuni.
- Psicologo del lavoro [qui un buon esempio, quello di Silvia Gazzotti]
Come dice il nome, si occupa dell’area lavorativa. Ci si può rivolgere allo psicologo del lavoro privatamente, ad esempio se si svolge una libera professione (per difficoltà ad avviarsi, per comunicare efficacemente on-line, per il proprio empowerment e sviluppo delle potenzialità…) o è presente a livello aziendale, ad esempio nella selezione del personale, gestione delle risorse umane, formazione aziendale, marketing, pubblicità…
- Psicologo giuridico. Si occupa, su richiesta del giudice o di altri professionisti (psichiatri, avvocati…) di rispondere a quesiti di natura legale. Lavora in ambito civile, minorile, penale. L’obiettivo dello psicologo giuridico è quello di individuare i fattori psicologici che risultano rilevanti ai fini di una corretta valutazione nell’ambito dei processi giudiziari. Figure affini a tale ambito sono gli psicodiagnosti. In alcuni casi sono essi stessi psicologi giuridici, in altri casi sono “solo” psicologi specializzati in psicodiagnosi (ossia coloro che sanno ben utilizzare test e colloquio per fare valutazione e diagnosi della persona) che affiancano gli psicologi giuridici per la valutazione (è il mio caso!), ma ora li approfondiamo meglio perché possono lavorare in vari ambiti.
- Psicodiagnosta. Lo psicologo che ha una specializzazione (a volte conseguita tramite master, altre volte “solo” sul campo) nell’utilizzo di test e strumenti utili alla diagnosi, alla valutazione della persona. Tra i test più famosi, giusto per darvi un’idea, ci sono il Test di Rorschach (mio primo amore <3), i test di intelligenza, vari questionari specifici per un disturbo o per la valutazione della personalità (tipo il MMPI). Difficilmente un privato si rivolge allo psicodiagnosta, più facilmente si viene inviati da altri professionisti. Qualche esempio: invio da parte dello psicologo o dello psicoterapeuta per una valutazione iniziale o per impasse lungo il percorso che richiedono una comprensione con strumenti differenti, da parte dello psicologo DSA/dell’età evolutiva o neuropsichiatra che chiede una valutazione del Q.I. o della personalità di un ragazzo/a che ha in carico, da parte dello psicologo giuridico (vedi sopra), da parte dello psicologo del lavoro per una valutazione dello stress lavoro-correlato etc.
- Psicologo perinatale. Si occupa del sostegno della donna o della coppia genitoriale nel periodo della gravidanza e della prima maternità. E’ presente nei consultori e nel servizio pubblico, ma lavora anche privatamente.
- Orientamento scolastico e lavorativo. Si occupa di aiutare ragazzi, giovani adulti e adulti che hanno indecisioni o difficoltà circa la strada da prendere. Quest’are di lavoro è un po’ a cavallo e possono occuparsene diverse figure psicologhe tipo lo psicologo del lavoro, lo psicodiagnosta, lo psicologo scolastico e dell’età evolutiva. Vengono usati colloquio e test per mettere a fuoco il funzionamento della persone, le sue potenzialità, risorse e limiti, propensioni, bisogni e desideri che possono indirizzarlo verso alcune strade, che paiono più in linea con la sua persona rispetto ad altre.
- Psicologo dell’emergenza. Lavora in contesti quali catastrofi naturali (terremoti…), disastri tecnologici, crisi ambientali, epidemie, attacchi terroristici o eventi bellici, i quali possono scatenare forte stress e disturbi correlati (ad es. disturbo acuto da stress e disturbo post-traumatico da stress). Ma non si occupa solo del disturbo, bensì anche del supporto psicologico e dello sviluppo delle risorse (che risorse hai per affrontare questo trauma?) e della resilienza delle persone coinvolte in tali eventi. Nel caso dei grossi eventi vengono inviati dalle associazioni che lavorano sul luogo (esempio, la Croce Rossa), ma ci si può rivolgere anche privatamente in caso di coinvolgimento in eventi traumatici che stanno avendo conseguenze sul benessere personale, relazionale, lavorativo… .
- Psicologo penitenziario. Si occupa del supporto psicologico delle persone detenute in carcere e lavora in progetti utili allo sviluppo delle loro risorse (utili sia in carcere sia nel periodo post, connesse al reinserimento in società), alla diagnosi e al lavoro sulla psicopatologia e progetti di vario tipo (ad esempio, relazioni tra genitore detenuto e figli).
- Psicologo dello sport. Si occupa di allenare e potenziare le abilità mentali degli atleti e degli sportivi in generale. Ruoli dello psicologo dello sport possono essere: sviluppare consapevolezza di sé, utilizzare tecniche utili a migliorare la concentrazione, sostegno e sviluppo della motivazione e delle dinamiche psicologiche utili a fini sportivi. Lavora sia all’interno di società sportive (soprattutto le grandi società) sia a livello privato.
- Psiconcologo.
E’ uno psicologo con una specifica formazione in ambito oncologico. Il suo compito è quello di supportare i pazienti e i loro famigliari durante tutto il percorso della malattia. Ne abbiamo parlato con qui, con la super dott.ssa Elena Pagani.
Ci sono sicuramente mille altre aree di lavoro, so che l’elenco non è esaustivo, ma per giungere al cuore dell’articolo ho necessità di parlarvi delle aree di lavoro dello psicologo clinico e del benessere, che spesso sono difficili da distinguere dalle aree di lavoro dello psicoterapeuta (teniamo conto che, in effetti, moltissimi psicologi clinici sono anche psicoterapeuti, per cui si occupano di tutte queste aree nei percorsi di psicoterapia).
Sin qui tutto facile: queste aree di lavoro sono chiaramente ad appannaggio degli psicologi e non richiedono alcuna specializzazione in psicoterapia. L’unica area su cui si rischia di far confusione, perché non c’è una vera e propria differenza, bensì si lavora in continuità (prima lavoro psicologico poi terapeutico) o in sinergia (occorrono entrambi) sono le aree della psicologia clinica e del benessere. Il problema NON si pone nel caso degli psicoterapeuti che, in quanto psicologi, integrano tutto il lavoro utile. Nel caso in cui lo psicologo non sia terapeuta, invece, è necessario sapere fin dove si può arrivare e dove occorre un invio a un terapeuta.
PSICOLOGIA CLINICA E DEL BENESSERE: LE DUE AREE CHE “SI CONFONDONO” CON IL LAVORO PSICOTERAPEUTICO
Inizio sempre con l’elenco delle aree di lavoro dello psicologo (che può fare anche il terapeuta se psicologo), poi vediamo le differenze tra psicologo clinico e psicoterapeuta e sfatiamo qualche falso mito.
CRESCITA PERSONALE
– Coaching (life coaching, mental coaching…)
– Comunicazione (gestione dei conflitti, assertività…)
– Autostima
– Intelligenza emotiva
– Autoefficacia
– Creatività
– Sensazione di essere bloccati
– Insoddisfazione di coppia e relazionale
– Gestione della rabbia
BENESSERE E SUPPORTO
– Supporto psicologico alla dieta e lavoro sul peso corporeo
– Immagine corporea
– Percorsi di disassuefazione da fumo
– Supporto alla genitorialità
– Dipendenze (gioco d’azzardo, shopping compulsivo, dipendenza da sostanze…)
– Supporto in situazioni di difficoltà (momenti di stress sul lavoro, momenti di disagio familiare…)
– Accettazione e supporto in caso di malattia temporanea o cronica (oncologia, diabete, dialisi, cardiologia…)
Se ho uno di questi problemi devo rivolgermi allo psicologo o allo psicoterapeuta?
Le aree di lavoro dello psicologo clinico e del benessere sono difficili da distinguere dal lavoro del terapeuta. La questione è questa: si trovano su un continuum, non sono le aree di lavoro in sé a essere differenti, quanto il tipo di lavoro che viene fatto e gli obiettivi che ci si pone. In generale, lo psicologo psicoterapeuta (chi ha specializzazione in psicoterapia, quindi) può occuparsi di tutte queste aree facendo tutto il lavoro completo. Lo psicologo SENZA specializzazione in psicoterapia può lavorare in tutte queste aree, ma occupandosi di alcuni aspetti specifici:
– La valutazione/diagnosi: utile a mettere a fuoco il problema, capire in che modo questo problema ostacola la vita quotidiana (lavoro, relazioni, vita emotiva…) e valutare se sia o meno presente anche psicopatologia (ansia, depressione, disturbo di personalità…);
– Supporto: utile a mettere a fuoco quali risorse abbia la persona per affrontare quella situazione, lavorando sulla situazione presente e utilizzando il passato principalmente per mettere a fuoco quali risorse e quali comportamenti limitanti la persona abbia tirato fuori per affrontare situazioni simili e per far luce sul contesto in cui la persona si trova (ci sono persone che possono ostacolare il benessere? In che modo? Chi invece lo agevola?).
– Riabilitazione: vengono proposte tecniche e colloqui utili a rimettersi in piedi e per fronteggiare alcune “crisi”(tipo: se ho gli attacchi di panico, lo psicologo può insegnarmi alcune tecniche di rilassamento, se ho dei problemi di fame nervosa lo psicologo mi aiuta a mettere a fuoco in quali momenti smangiucchio e a pensare alcune strategie che mi impediscano di farlo, se la mia autostima è ballerina faremo tutto un lavoro sulle risorse…).
Dopodiché è possibile sia richiesto un lavoro psicoterapeutico. Spiegare il lavoro del terapeuta è semplice sulla carta: lo psicoterapeuta cura. Ben più difficile definirlo in pratica, perché anche il lavoro psicologico non psicoterapeutico ha un pezzo di cura del paziente (se mi occupo di far fare respirazione e di gestire gli attacchi di panico stiamo pur certi che per un po’ gli attacchi di panico non torneranno, ad esempio!).
Parto dal parallelismo medico e poi giungo alla spiegazione psico. Se ho un problema al cuore, posso fare degli interventi utili a evitare di avere delle crisi e di gestione delle crisi (tipo percorsi che mi aiutino a mangiar meglio, a capire quali sforzi posso e non posso fare e come comportarmi nel momento in cui il cuore fa il ballerino). In alcuni casi, è possibile fare un percorso che aiuti a capire come sia sorto il problema al cuore e fare degli interventi affinché quel problema al cuore guarisca o comunque non torni a dar crisi.
Il lavoro psicologico ha a che fare con il primo pezzo: supporta e si occupa (“tampona”) il momento della crisi, cerca di mettere a fuoco le risorse per uscire dalla crisi;
Il lavoro psicoterapeutico fa il secondo: aiuta a capire come sia sorto quel problema (lo si fa in maniera diversa a seconda del metodo di lavoro, ad es. a seconda del fatto di avere orientamento psicoanalitico o cognitivo-comportamentale), può eventualmente fare tutto il pezzo psicologico sul supporto e sulle risorse e lavora affinché avvengano delle modifiche stabili nel tempo, affinché quel problema gradualmente rientri (guarigione, recovery), non si presenti in futuro o lo faccia in maniera meno prepotente. Attraverso il lavoro di psicoterapia si dà un senso, si costruisce un significato circa quello che ci sta succedendo, alle sensazioni che paiono confuse, ai comportamenti che sembrano “strani”(ma c’è SEMPRE) un motivo per cui vengono messi in campo, si dà nuovo valore alle emozioni. Più in generale
in psicoterapia si dà una spiegazione a quello che sta succedendo e si curano le parti psicologiche di noi (emotive, comportamentali, relazionali…) che appaiono malate, che generano disagio, che incidono negativamente sulla vita quotidiana e ostacolano il nostro benessere personale e relazionale.
Sfatiamo qualche falso mito
C’è un numero minimo o massimo di sedute per il lavoro dello psicologo? E per lo psicoterapeuta?
No. Il numero di sedute non può essere utilizzato né per distinguere il lavoro dello psicologo da quello dello psicoterapeuta e nemmeno per distinguere il lavoro del counselor da quello dello psicologo. Posto che, letto questo articolo, ci possiamo rendere conto di come i counselor facciano di fatto il lavoro che dovrebbe essere degli psicologi (io continuo a ritenere si tratti di un abuso di professione, infatti), il numero di sedute non dice nulla.
Esistono percorsi di psicoterapia molto brevi e orientati a un obiettivo specifico che quindi richiedono un numero basso o addirittura predefinito di sedute, così come esistono percorsi psicologici più lunghi il cui numero di sedute è difficile da definire a priori (e viceversa ovviamente!). Dipende dall’area di lavoro, dalla persona che abbiamo di fronte, dall’obiettivo che ci si è dati. Non diamo per scontato che gli psi- facciano necessariamente percorsi lunghi, però, perché non è detto.
Solo lo psicoterapeuta lavora sulla psicopatologia?
In linea di massima – parere mio e quindi opinabile- sono dell’idea che in caso di disturbo (ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari, disturbi della personalità…) sia più opportuno rivolgersi direttamente a uno psicoterapeuta, sia egli psicologo o medico. Penso questo perché difficilmente il percorso si esaurisce con una parte di sostegno, bensì se si desidera essere curati e quindi guarire (meglio, percorso di recovery, ma ne parliamo in altra occasione!) è necessario un lavoro anche sulle cause che hanno portato a strutturare quella patologia e sui meccanismi che la mantengono nel tempo.
Però qui abbiamo detto che siamo chiari e precisi, ergo: anche lo psicologo può lavorare con la psicopatologia. Vi porto uno stralcio preso dal sito HumanTrainer che secondo me riassume bene l’idea:
Casi di assenza di patologia
Lo psicologo interviene in momenti di difficoltà ma in assenza di patologia, allo scopo di dare alla persona/alle persone nuovi strumenti per gestire emotivamente o cognitivamente, o entrambi, la situazione di difficoltà.
Alcuni esempi possono essere: Matrimonio in crisi; Relazione con i figli adolescenti; Aiuto nell’elaborazione di un lutto; Momenti di svolta della propria vita; Normali difficoltà relazionali; Aumento della propria sensazione di autoefficacia; Capirsi e conoscersi meglio; Miglioramento di alcuni aspetti della propria personalità; Gestione dello stress; ecc.
Casi in cui esiste una patologia.
Lo psicologo interviene sul singolo o sul gruppo, con una finalità non terapeutica, ma di sostegno, di riabilitazione o direttamente di consulenza.
Alcuni esempi possono essere: Gruppi di autoaiuto; Supporto alla famiglia di una persona depressa; Intervento sulla persona sofferente ma senza lavorare sul nucleo patologico (es. fare empowerment); Lavorare sulla presa di coscienza del proprio stato patologico per poter dare alla persona la possibilità di valutare ed eventualmente scegliere un percorso di cura; Ridefinizione degli obiettivi di vita dopo un trauma (es. la persona perde l’uso delle gambe); ecc…
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Tutto chiaro? Vi ricordo che per tutto il mese di Ottobre su Instagram parlerò delle diverse aree di lavoro di psicologi e psicoterapeuti. Lo farò sia per rispondere alla domanda: “Di chi ho bisogno?” sia per esplicitare alcuni problemi e disagi quotidiani che pensiamo essere solo nostri e invece riguardano un sacco di persone.
Ottobre è il mese in cui c’è la Giornata Nazionale della Psicologia e il messaggio che ci terrei a lanciare è che
non c’è nulla di strano o di matto nelle cose che ci accadono e, molto spesso, c’è anche una soluzione! =)
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BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA E APPROFONDIMENTI: