Partiamo subito con una domanda: cosa significa per voi farcela da soli?
Lo so è un po’ la classica domanda da psicologo, ma non pensate che abbia dietro chissà quale tranello. Semplicemente, prima dobbiamo capire che cosa si intende. Per qualcuno significa “senza aiuti”, per altri “avere il controllo della situazione” (quindi chiedere aiuto, ma avere idea di essere noi a decidere quando, cosa, come chiederlo).
Quando arriva un paziente, spiego sempre che si tratterà di un lavoro a quattro mani: la persona porta i suoi pezzi del puzzle e io propongo alcuni strumenti per aiutarlo a metterli insieme. Il puzzle lo facciamo insieme.
Sì, tranquilli, era una metafora! Il punto è che anche chi arriva nel mio studio, in fondo, ce la fa da solo. Semplicemente utilizza me come strumento per farcela.
Non è come avere la persona delle pulizie a casa (il mio sogno proibito!) che a i mestieri al tuo posto e tu non devi più far nulla. Non è come avere la persona delle pulizie a casa (il mio sogno proibito!) che a i mestieri al tuo posto e tu non devi più far nulla. Dallo psicologo si lavora eccome: non è tanto un aiuto esterno, quanto qualcuno che ti fa sgobbare!
A chi serve lo psicologo e a chi no?
Premesso che, secondo me, un lavoro su se stessi comunque non guasta mai. In genere, lo psicologo serve nel momento in cui il problema (lo stato di disagio, il sintomo, lo stress, i dubbi…):
- Invade le giornate e la vita quotidiana (diventa il centro, attorno al quale ruota tutto il resto);
- Influenza fortemente uno o più contesti di vita (casa, famiglia, lavoro, amicizie…);
- Non sembra avere una via d’uscita;
- E’ presente da tempo, ma invece di risolversi rimane lì o, peggio, si ingigantisce;
- Non si esaurisce nonostante i nostri sforzi e millemila tentativi per ridurlo.
Come faccio a…?
…superare gli attacchi di panico, smettere di stare male per quello stronzo del mio ex fidanzato, non prendermela se il mio capo non mi dà l’aumento, anche se me lo merito, a superare questo stato depressivo, a capire a cosa sia dovuta la mia fame nervosa...
“Come faccio…? Come si fa…?” è la domanda che mi sento rivolgere più spesso, soprattutto sui social.
Io la trovo sempre una domanda paradossale: abbiamo estremo bisogno di qualcuno che ci ascolti davvero, che ci veda per quello che siamo, che ponga attenzione al di là della nostra superficie eppure ci accontentiamo di risposte superficiali e veloci?
Eh sì, perché purtroppo, senza conoscervi, senza aver fatto un pezzettino di strada insieme a voi come si può rispondere a domande così importanti? Ma, soprattutto, vi accontentereste davvero di una risposta buttata lì, che vada bene per tutti? Non avete forse più bisogno di una risposta vera, su misura?
Provate a pensare di rompervi una gamba. L’ortopedico nemmeno vi vuole vedere, ma per telefono dà per scontato di aver capito, sulla base di due spiegazioni che gli avete dato. Fa una veloce diagnosi e vi spiega frettolosamente come ingessarvi una gamba.
Come vi sembra? Come reagireste? Lo giudichereste serio?
Ecco perché a me quel “come si fa?” imbarazza: la risposta vorrei averla, ma purtroppo (o per fortuna!) non ce l’ho. Ho spunti di riflessione che possono aiutarvi a trovare la vostra personalissima soluzione. Ci tengo a trovare risposte vere insieme alla persona e non ho la presunzione di sapere come funziona la vostra vita al posto vostro.
Alcune cose su cui riflettere per capire se possiamo “farcela da soli”
Vi propongo una specie di esercizio, in cui vi chiedo di rispondere a qualche domanda, utile a riflettere su di voi e sul problema che vi assilla (se avete carta e penna meglio, ma bastano anche le note dello smartphone).
In alto segnate il problema (o al centro del foglio, se volete una cosa più creativa), poi prendetevi tre spazi per rispondere alle domande qui sotto.
1. Cosa ho fatto fino ad oggi per farcela da solo?
Indago sempre la questione anche durante le prime sedute. Già perché il modo sicuro per andare a cozzare nuovamente sullo stesso problema usare sempre gli stessi modi per affrontarlo.
Quindi provate a pensare alle volte in cui avete cozzato contro quel problema (quella volta in cui è arrivato un attacco di panico, l’ultimo attacco di fame nervosa, quella rabbia incontrollata, quella sensazione di stress/angoscia che non mi abbandonava…). Poi provate a pensare come lo avete affrontato e annotatelo sul vostro foglio.
Se possibile, usate due colori: uno per evidenziare le strategie che hanno funzionato e uno per le tentate soluzioni che non hanno funzionato o hanno funzionato solo in apparenza (tipo: ho evitato di andare al centro commerciale, sul momento l’ansia è passata, ma la settimana dopo gli attacchi di panico sono tornati).
2. Come posso usare quello che ha funzionato?
Le strategie che hanno funzionato sono assolutamente da tenere a portata di mano nella vostra cassettina degli attrezzi. Provate, quindi, a pensare come utilizzarle in altre occasioni.
Magari non vi viene in mente subito, quindi tenete lì il vostro foglietto e provate a rifletterci la prossima volta che torna il problema: come avrei potuto applicare la soluzione in questo caso? Era adattabile in qualche modo?
Esempio: mi è arrivato un attacco di panico e mi sono messa a parlare con Marcantonio. Cacchio, però Marcantonio non c’era settimana scorsa. Ok ok, manteniamo la calma. Visto che la cosa del parlare funziona, forse il punto è riuscire a distrarmi. Perfetto, posso usare lo smartphone per telefonare a qualcuno la prossima volta che sento l’ansia salire.
3. E quelle che non hanno funzionato come le modifico?
Non è che quelle che non hanno funzionato siano da cestinare, ma forse non vanno bene per quel problema specifico o in occasioni simili. Queste strategie vanno, in qualche modo, modificate.
Esempio: ho evitato di andare al centro commerciale, l’ansia si è abbassata, ma gli attacchi di panico sono comunque rimasti e infatti ne ho avuto uno la settimana successiva. Evitare non funziona. Magari posso evitare, per il momento, di andare al centro commerciale il sabato pomeriggio (la domenica a dovrebbe essere evitata per legge!), ma posso provare ad andare il Lunedì mattina quando c’è meno gente OPPURE evito il centro commerciale, per adesso, e inizio da negozi più piccoli.
Quindi lo psicologo non serve più?
Su su non fateci sentire inutili! Lo psicologo serve per raggiungere la soluzione del problema in modo più accurato, sicuro e per evitare ricadute in futuro. Possiamo anche farlo da soli, ma non in tutti i casi riusciremo a essere altrettanto accurati nella risoluzione del disagio (e parlo anche per me: faccio la psicologa di mestiere, ma avessi un problema avrei bisogno d un collega per risolverlo).