“Non prendertela, ci sono bambini che muoiono di fame”

Non prendertela ci sono bambini che muoiono di fame
PREMESSA: Il titolo è forte. ho pensato a lungo se lasciarlo o meno, ma credo sia quello che rende meglio l’idea: spesso, infatti, usiamo delle frasi forti per convincere gli altri che l’emozione che stanno provando è “sbagliata” o “esagerata” rispetto al contesto. è proprio la forza di quelle frasi che spinge la persona a vergognarsi dell’emozione che sta provando.

Quando le tue emozioni vengono svalutate

Andiamo un po’ controcorrente: anziché parlare di come vivere sempre felici, di come smettere di preoccuparsi e dei corsi per regolare la rabbia, noi parliamo del diritto di provare queste emozioni, qualsiasi sia il motivo che le ha scatenate

Non piangere, c’è chi sta peggio“, “Fregatene!” o, ancora, “Dai non lamentarti, pensa a chi [varie&eventuali]” e “Ma è davvero necessario arrabbiarsi?!“. Uh, e come non dimenticare il sempreverde: “Su, pensa che ci sono bambini che muoiono di fame“. 

Vero, verissimo. Lungi da me sminuire il tema della fame nel mondo o negare il fatto che ci sia sempre chi sta peggio. Tuttavia, credo che siano argomenti diversi e trovo che, usare queste frasi in risposta a un’emozione, sia castrante.

In genere, vengono dette a una persona che sta provando un’emozione, probabilmente forte. Nel momento in cui si pronuncia una frase simile, queste emozioni vengono sminuite e si comunica alla persona che non ha il diritto di provarle. Come ben sappiamo, tuttavia, è impossibile non pensare a un’emozione.

La reazione di chi se le sente dire è, in genere, di forte irritazione. Talvolta, sentendosi fuori luogo e poco capito, può scegliere di NON mostrare la propria irritazione e, insieme ad essa, può scegliere di reprimere anche l’emozione che è stata da poco sminuita.

Tuttavia, ricacciare indietro quell’emozione (preoccupazione/ansia, rabbia, tristezza…) non significa smettere di provarla, indica semplicemente che non viene più mostrata all’esterno, ma continua a esistere dentro la persona. Forse, proprio reprimendola, essa diventa più forte. In taluni casi, quando non ci si sente in diritto di provare un’emozione essa prende la forma di un sintomo (ansia, attacchi di panico, fame nervosa, stress…).

Quando diciamo una frase del genere, dimostriamo di non aver capito come si sente la persona che abbiamo di fronte. Non la capiamo e non la aiutiamo. Se anche l’espressione torna a essere neutra e la persona smette di parlarne, non significa che la nostra frase sia stata efficace, ma solo che gli abbiamo tolto il diritto di condividerla.

Ma io cercavo di dare il giusto peso…!

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Ci credo. In molti casi queste frasi vengono dette in “buona fede”, cercando di rassicurare la persona che, se c’è chi sta peggio, sicuramente quello stato d’animo passerà, non gli sconvolgerà la vita.

Il problema è che la persona che ha appena mostrato di essere triste/arrabbiata/preoccupata ha bisogno, prima di tutto, di trovare un supporto, un valido appoggio con cui sfogare l’emozione che tanto lo attanaglia. 

COME FARE?

Proviamo a dividerlo in passaggi:

1. Immagina di vivere quella situazione. Per poter stare davvero vicino a una persona, occorre provare empatia, sintonizzarsi con quello che prova (o che può aver provato) in una data situazione. Ok, tu forse ti saresti comportato in modo diverso, ma ognuno ha il proprio modo di reagire alle cose. Hai presente la frase: “Prima di giudicare qualcuno devi provare a camminare con le sue scarpe?” Ecco, mettiti nei suoi panni e, se proprio non ci riesci, non dire nulla. 

2. Dire alla persona che ha il diritto di provare quell’emozione. Puoi dirglielo in diverse forme: “Immagino che tu ti senta così, è inevitabile“, “Anche io mi sentirei allo stesso modo“, “Con quello che è successo, è naturale che ti senta così“. La cosa migliore è essere naturali, provare davvero empatia per l’altrui stato d’animo. Questo fa sentire la persona davvero capita. Proverà una piacevole sensazione di calore. 

3. Portare un BREVE esempio personale. Questo punto è sempre molto delicato, perché bisogna trovare il giusto equilibrio. Raccontare un proprio esempio può aiutare la persona a sentirsi meno sola, meno strana. Tuttavia, deve essere un racconto brevissimo, quasi un accenno, o il rischio è quello di “rubare la scena”, lasciando comunque la persona priva del diritto di esprimere la propria emozione.

4. Dare il giusto peso. Nel momento in cui in cui la persona si sente capita (SOLO se si sente capita) è possibile aiutarla a dare il giusto peso alla situazione. Non conviene paragonarla a chi sta peggio (c’è sempre chi sta peggio, ma la persona sta vivendo il SUO problema, che si inserisce nella SUA storia di vita). 

 

Cosa ne pensi? In settimana, su Instagram e su Facebook approfondiremo la faccenda e proveremo a capire cosa fare se sei tu la persona che sente sminuita la propria emozione. =)
About The Author

Alessia Romanazzi

Psicologa e psicoterapeuta. Aiuto le persone ad affrontare momenti di stress temporanei o prolungati. Insieme cercheremo la tua personalissima soluzione per superare il momento critico. Mi trovi in studio a Saronno e a Milano. Attraverso Skype in tutto il mondo!

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