Nel TeaPost della scorsa settimana abbiamo visto le possibili cause del voler essere perfetti (pur senza mai riuscire a sentirsi davvero abbastanza). Come promesso, oggi cerchiamo di capire insieme cosa fare.
Divido questi piccoli “consigli” in punti per amor di sintesi, ma come sapete non esistono consigli preconfezionati e passi da seguire.

non lo ripeti mai in effetti.
Meglio essere previdenti. Ma veniamo a noi e leggiamo insieme qualche spunto per provare a “vincere” questo benedetto perfezionismo.
Quando si inizia a lavorare sul perfezionismo e sul senso di inadeguatezza, spesso le persone sono molto spaventate. Hanno l’idea che il loro modo di essere verrà completamente rivoluzionato e che il perfezionismo verrà completamente smantellato. Questo fa scatenare in loro un grosso allarme: “Se non dovrò più essere perfetto, allora sarò TUTTO sbagliato, sarò SEMPRE inadeguato e perderò COMPLETAMENTE il controllo su quello che faccio!“.
Ecco, no, non va esattamente così. Anzi, l’obiettivo di una terapia è quello di preservare il modo di essere della persona, aiutando a migliorare quei comportamenti che possono essere disfunzionali.
E’ il tipo di pensiero (tutto o nulla) della persona perfezionista che la porta ad avere paura di lavorare sul perfezionismo stesso, come vediamo nel primo punto.
1. Lavorare sul pensiero tutto o nulla
“O sono completamente preciso e perfetto oppure non valgo nulla/sono inadeguato/non sono abbastanza“. Un modo “estremo”, senza alcuna sfumatura nel vedere se stessi. Ma non vi sembra un po’ riduttivo?!? Possibile che esistano solo ed esclusivamente due modi di essere?
Ok, questo è un grande classico e anche qui sopra ne parliamo spesso: smettiamola di pensare per estremi e iniziamo a sviluppare un pensiero flessibile.
L’errore che abbiamo fatto, grande o piccolo che sia, non descrive TUTTA la nostra persona, ma una singola situazione. Nella maggior parte dei casi, le persone penseranno: “Di solito, è preciso, qui ha toppato“.
Ok, l’ultima parte della frase brucia, ma non fa cascare tutta la nostra persona. Iniziamo a vederci come persone complete e a non guardare una sola faccia della luna: se iniziamo a guardarci a 360° (errori, cose giuste, pregi, difetti…), forse riusciremo anche a essere un po’ più sereni con noi stessi.
2. Guardare TUTTA la scala
Questo punto è strettamente connesso al precedente, ossia al pensiero tutto o nulla. Nel punto precedente ci siamo focalizzati sul nostro modo di essere, qui sugli obiettivi, ma la sostanza è la stessa.
In molti casi, quando facciamo qualcosa abbiamo due sole possibilità in testa: perfezione vs. fallimento. Quindi o centriamo l’obiettivo in maniera ottimale (e, caso strano, ottimale non ci sembra mai) oppure ci sentiamo dei falliti totali, quelli che non sono mai abbastanza.
Non ci rendiamo conto che ogni scala ha dei gradini in mezzo. Forse non abbiamo raggiunto il massimo, ma a che punto della scala ci troviamo? Siamo davvero al punto zero? Improbabile.
Dopodiché possiamo pensare se è possibile raggiungere gradini più elevati e come fare per arrivarci.
3. Il passato che fa ombra sul presente
Guardando le motivazioni che portano a voler essere sempre perfetti, ci siamo accorti che spesso queste dinamiche si costruiscono da piccini (qui il riassuntone grafico).
Spesso, continuiamo a mettere in atto gli stessi schemi e le stesse dinamiche, anche quando non c’è più nessuno che ce lo sta davvero chiedendo. Proviamo a fermarci a riflettere e a chiederci: per chi devo essere perfetto? E che ritorno emotivo ne ho io?