IL MIO METODO DI LAVORO: LA PSICOTERAPIA BREVE INTEGRATA
So che orientarsi nella giungla dei diversi metodi psicologici e psicoterapeutici è difficile per i non addetti ai lavori (spesso, lo è anche per gli addetti). Come ho scritto più volte, la vera differenza la fanno principalmente gli aspetti relazionali, sebbene vi siano effettivamente degli approcci che, per alcuni tipi di problema, sembrano essere maggiormente efficaci (o, quantomeno, lo sono in tempi più brevi rispetto ad altri).
Il mio approccio è di tipo breve integrato. Breve perché si pone, quando possibile, l’obiettivo di lavorare sul problema nel minor tempo possibile. Integrato perché utilizza tecniche provenienti da orientamenti, nello specifico dal filone cognitivo-comportamentale e dinamico.
PERSONALIZZATO. A differenza di approcci che fanno riferimento a singoli modelli (ad esempio, solo psicoanalisi classica, solo cognitivo-comportamentale, solo sistemico…) l’approccio integrato ha il vantaggio di non avvicinarsi al paziente secondo schemi precostituiti, bensì tenendo conto dei reali bisogni di ogni singola persona. Il paziente diviene così il reale protagonista del percorso (o, come diceva Zapparoli, “Il paziente è il nostro insegnante“). Il terapeuta, attraverso un ascolto empatico e non giudicante, si muove in maniera flessibile per capire di cosa abbia davvero bisogno la persona che ha di fronte. A tale scopo, i primi 3-4 incontri sono finalizzati ad una valutazione diagnostica che consenta di individuare l’aspetto centrale (focus), di porre gli obiettivi e il numero delle sedute necessarie per raggiungerli.
A BREVE TERMINE. La durata del percorso viene stabilita dopo la valutazione iniziale e condivisa con il paziente (si tratta di un numero di sedute indicativo, entro il quale si prevede di raggiungere gli obiettivi prefissati). Sebbene la durata vari da persona a persona, l’obiettivo è quello di ottenere i maggiori benefici nel minor tempo possibile (in genere il numero di sedute si colloca tra le 5 e le 50, alcuni studi hanno evidenziato come il 50% dei pazienti ottenga buoni risultati in 15-20 sedute). Una volta raggiunte le sedute concordate, si valuta insieme al paziente se terminare gradualmente il percorso (si aumenta progressivamente il lasso di tempo tra un seduta e l’altra, passando ad esempio da sedute settimanali a quindicinali e poi mensili) o se porsi nuovi obiettivi.
COLLABORATIVO E ATTIVO. Il paziente e lo psicologo lavorano insieme per capire come fronteggiare la situazione di disagio, pertanto entrambi sono coinvolti in maniera attiva nel processo (per capirci: non si tratta di percorsi in cui lo psicologo sta quasi sempre zitto limitandosi a sporadici interventi e nemmeno di percorsi in cui è solo lo psicologo a “tenere banco”). Sin dall’inizio, lo psicologo incoraggia il paziente a comprendere quali siano gli aspetti centrali del problema e a capire come favorire il cambiamento, ad esempio modificando abitudini o pensieri disfunzionali. nel tempo.
CONCRETO. Scopo dell’intervento è quello di ridurre visibilmente il disagio o i problemi con cui la persona si è presentata (ad esempio, ridurre o eliminare i sintomi ansiosi o gli attacchi di panico, migliorare le relazioni familiari o lavorative…). Il paziente potrà “toccare con mano” i risultati ottenuti, beneficiando di un miglioramento nel vivere quotidiano.
CENTRATO SUL PRESENTE (E SUL FUTURO). L’intervento si focalizza prettamente sul “qui ed ora” e sui problemi attuali. Il passato e la storia di vita vengono riletti per capire come possano essere utili per risolvere il problema presente e per individuare le risorse più utili a farvi fronte. Ad esempio, si passano in rassegna eventi di insuccesso passati e si cerca di capire quali modifiche sia utile apportare per ottenere un cambiamento e un successo nel presente e nel futuro.
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